mercoledì 24 settembre 2014

Cartolina - Policlinico Umberto I da Scienze Statistiche.

Di Simone A., "L'Autore".

Tornando da un incontro piacevolissimo presso Scienze Statistiche, ancora deliziato e godendomi i dolci raggi del sole autunnale, mi sono trovato di fronte al retro di uno dei palazzi del complesso del Policlinico Umberto I.

La costruzione del complesso comincia nel 1883 come sede distaccata dell'Università di Roma, situata all'epoca a Sant'Ivo alla Sapienza, la famosa chiesa del Borromini a Corso del Rinascimento.
Osservando il retro di questo complesso, però mi viene spontaneo pensare a una datazione dello stesso successiva, ma non troppo. 


Non ho dati, le mie informazioni sono più che scarse, ma una datazione alla seconda metà degli anni Ottanta dell'Ottocento, o meglio ancora agli anni Novanta mi risulterebbe più congeniale, soprattutto per le somiglianze che ravviso con il complesso centrale di Villa Lazzaroni (so che vi avevo promesso un articolo, ma le parole giuste non mi vengono ancora), rimasto incompleto a causa del coinvolgimento del barone Michele, presidente della banca romana, nel famoso scandalo del 1893.

Corpo centrale di Villa Lazzaroni, il "Casino Lazzaroni": come si può notare la partizione decorativa è simile. L'effetto finale è più spoglio solo perché nel frattempo il barone Lazzaroni è fallito.

Si noti della prima immagine lo stile: è trionfale (accanto al cartiglio con scritto VNIVERSITA' abbiamo infatti due aquile, simbolo imperiale), eppure leggero (gli altri elementi decorativi hanno un aggetto e un'invadenza minimi, ovvero sporgono poco e ci sono solo per movimentare la facciata; il cromatismo anche è molto delicato).
Nella seconda immagine quanto detto sopra diventa anche più evidente: se fosse presente in quella nicchia una statua, o se al posto del cemento si fosse usato il marmo, saremmo di fronte a un'opera solenne e maestosa, anche se forse un po' eccessiva come il Palazzo di Giustizia a Prati. La loro assenza rende questa partizione architettonica un puro pretesto decorativo, per niente disturbante alla vista e anche piuttosto piacevole.
Qualcuno potrebbe fantasticare su uno spirito borghese dell'arte sabauda, che rifugge i simboli antichi ma che mantiene le forme come sfogo immaginativo. Più prosaicamente, mi fanno notare, potrebbe trattarsi di semplice necessità di fare economia...
Tra le due ipotesi io preferisco la seconda!


venerdì 5 settembre 2014

Piccola cartolina da via Varese (in attesa di un post lungo).

Cari amici,

l'Autore di Stile Eclettico Romano in questo momento affronta un momento di stanca creativa per quanto attiene al blog, una mole di cinque esami onde concludere il suo percorso triennale all'università, alcuni problemi personali e la grande fatica di studio e ricerca per la tesi di laurea e per la sua scrittura. Tutto allo stesso tempo.
Stile Eclettico Romano mi diverte parecchio, come tutti sapete, ma naturalmente a esso posso dedicare solo scampoli di tempo, senza nemmeno la certezza che i miei scritti siano altrettanto interessanti/utili come lo erano nel passato.
Ma va bene così, io non abbandono né cederò il mio ruolo ad altri. Non vi preoccupate. Posterò meno e più brevemente: tutto qui.
Il progetto continua e ha sempre lo stesso fine.


La cartolina di oggi è solo un'istantanea di una zona segreta, e per questo ancora piuttosto ben conservata per essere in una delle zone più degradate di Roma.
Parlo del quadrante tra viale Castro Pretorio e la Stazione Termini, via Solferino e via del Castro Pretorio [sic]: è una zona riparata, tutta a villini, pochissimo toccata dalla speculazione edilizia.
Qui vediamo un lacerto di come fu intesa Roma nel piano del 1909 di Edmondo Sanjust di Teulada: la Capitale si voleva estesa verso est, con alternanza regolare di villini e palazzi d'abitazione, con spazi verdi. E' quasi sorprendente per me osservare questo luogo: qui quasi tutto si è conservato e la modernità, per quello che ne ho potuto osservare, ha inciso pochissimo. Per fortuna. E quanto è rimasto testimonia una grazia, una lungimiranza e una cura che oggi sembrano alla nostra mente, che ha fatto esperienza di decenni di politica scadente, quasi quinte sceniche di un teatro di posa di Cinecittà.
Eppure è tutto vero.

Siamo a un passo dalle vie e dalle zone più "suq" di Roma, eppure qui solo da pochi dettagli ci avvediamo di essere nella Capitale d'Italia. Il posto è persino silenzioso.

Dopo ogni esame il cui esito mi lasci soddisfatto amo passeggiare tra queste strade e perdermi nello scrutare tutti i dettagli di queste architetture, nell'assaporare i profumi delle piante che dai giardini dei privati sembrano quasi salutarmi con i loro rami "evasi" dalle recinzioni.

In questo scatto abbiamo l'incrocio tra via Varese e via Vicenza: in fondo la basilica del Sacro Cuore, voluta da san Giovanni Bosco, dove lo  e sede di importanti scuole salesiane, la cui Madonna in simil-oro cattura da via Giolitti a quasi viale del Castro Pretorio il nostro occhio e magari ci fa anche un po' sorridere per l'eccesso di quella scelta decorativa.

Il palazzo alla nostra sinistra, invece, il cui architetto ha sicuramente guardato molto Michelozzo e il Quattrocento fiorentino, doveva essere la sede di una "Società Italo-Francese", che ringraziò il Ministro dell'Istruzione, intellettuale neoguelfo e amico del Manzoni, Ruggero Bonghi (qui:  http://it.wikipedia.org/wiki/Ruggiero_Bonghi).
Dettaglio notevole: la data è Ab Urbe Condita e non Dopo Cristo: siamo pur sempre negli anni del mangiapretismo monarchico :)

Notevole il ritratto quasi a tutto tondo del Bonghi e lo strabordare della decorazione fuori dalla superficie del palazzo.


Se tutto va bene, ci rivediamo qui dopo il 10 ottobre.
Grazie per la pazienza!